Testaccio dal 1921 è il XX rione del centro storico di Roma. Con la proclamazione a capitale dell’Italia unita, nel 1871 Roma si mise alla ricerca di una sua immagine produttiva e industriale e, di conseguenza, di un quartiere dove ospitare la classe lavoratrice.
Questa identità industriale fu precostituita e pianificata dagli amministratori: Testaccio avrebbe dovuto diventare il quartiere operaio per eccellenza della città. Invece per molti anni rimase una zona isolata e sovraffollata pur con l’intervento massiccio dell’Istituto per le case popolari. Un secolo dopo gli stessi appartamenti sono diventati appetibili e vengono contesi sul mercato immobiliare a prezzi esorbitanti.
Quali sono gli elementi che hanno portato a un così profondo mutamento di percezione? Da luogo degradato e ai margini del centro storico, come divenne dopo la chiusura, avvenuta nel 1975, del fulcro produttivo rappresentato dal Mattatoio, il rione ha iniziato una lenta rinascita che ne decreta, dalla metà degli anni Novanta, il nuovo ruolo attrattivo, pieno di risorse artistiche, luoghi di divertimento, teatri e ristoranti di nicchia.
Il presente lavoro intende ripercorrere le tappe che hanno segnato la trasformazione dell’identità di questo territorio che può apparire oggi – per chi non ci vive – come il posto giusto dove fare movida o consumare un brunch.
A un secolo dalla celebre pubblicazione di Domenico Orano, Come vive il popolo a Roma. Saggio demografico sul quartiere Testaccio, capitolo dopo capitolo, si è cercato di dipanare il lungo cammino che ne ha connotato la storia, da ghetto popolare a village della capitale.